Roma: Galleria Studio S


   La provocazione dei tanti “perché ” di ogni bambino si pone come sfida e come risposta al mondo dei grandi. Con Giuseppe Borrello siamo agli antipodi. L’artista si pone come figlio e continuatore di una prassi pittorica che ha contraddistinto momenti classici estremi deIl’arte rinascimentale. Egli assume classicamente il segno come filo conduttore del suo fare pittura, e su di esso, depurato dalle incertezze e dalle abrasioni, costruisce una pittura che attinge i colori proprio da cognizioni chimiche che prevedono ossidazioni della materia lasciata dai metalli sulla preparazione attenta della carta che egli incide con punte speciali. Risaltano così le nervature che contestano le definizioni architettoniche e della figura umana ed animale, definite con tratto intelligente e tecnicamente al limite della perfezione,  usando soltanto penne a sfera, biro, che egli sa  maneggiare

con compiuta maestria sia nella maniacale esecuzione dei ritratti che negli incisivi scorci paesaggistici.

   Le sue affabulazioni alchemiche ottenute con punte le più varie che vanno dalla biro all’oro, all’argento, al platino fino al palladio, rendono con la realtà oggettiva quell’afflato tutto spirituale che egli vi sa immettere con irreprensibile risultato. Un artista, Borrello, che vive a Torino ma che è nato nel 1950 a Sant’Agata di Esaro, vicino a Cosenza, ove nella parrocchiale campeggia un suo quadro di soggetto religioso, che ha dipinto a soli 14 anni, che merita di essere conosciuto e giustamente apprezzato anche per il coraggio di porsi controcorrente e di prediligere il segno, creatore del disegno, in un’epoca nella quale, nonostante qualche tentativo di ritorno alla figurazione, ben pochi sono coloro sanno usare le punte in modo tanto tecnico, convincente, ed artistico.

 

      Roma: Rinascita, Mercoledì  9 febbraio 2000                                                                          G. Franceschetti

 

 

 

 

 

   Straordinari disegni nell’antica tradizione classica seicentesca. Composizioni eseguite con grande maestria disegnativa attraverso l’uso sapiente di punte metallizzate e biro che lasciano sul foglio raffinati segni; immagini di straordinaria suggestione in un piacevole, profondo dialogo tra classicità e modernità.

 

      Roma: Italia, Lunedì 6 febbraio 2000                                                                                       Mario Padovan

 

 

 

 

 

   Il segno icastico e spietato nel sussulto della luce veneta, che smorza e intenerisce la severa tradizione del “disegnamento” toscano di Giuseppe Borrello. Infatti, la grafica di Borrello, calabrese e operante a Torino, pur nella sua espressività chiaroscurata e tesa ad una identità fortemente significante, è sostenuta da un estro fantastico, che scioglie alcune scene composite in un’atmosfera sur-naturale e, dall’altra, da una luce sciolta e lievitante, che rende più morbidi la figura e il nudo disteso della fanciulla, movimentando il segno icastico di una vibrazione che non è più descrittiva e analitica.

 

      Roma: Il Secolo d’Italia, Lunedì 6 febbraio 2000                                                                    Luigi Tallarico