Giuseppe Borrello, pittore, incisore e grafico figurativo, ha dedicato la sua
vita allo studio, alla ricerca e a prove sperimentali, facendo così proprio il
concetto rinascimentale del “disegno”, inteso come opera pittorica.
“Essendo il dipingere disegnare” secondo quanto afferma il Vasari,
l’artista è riuscito a sviluppare una nuova tecnica pittorica, con la quale
è possibile ottenere veri e propri dipinti semplicemente sostituendo ai
tradizionali pennelli le odierne penne a sfera.
Borrello riesce così ad ottenere effetti chiaroscurali superiori a quelli normalmente raggiungibili con l’uso delle tecniche tradizionali. Nasce così la “pittura a biro”, costituita da una serie di innumerevoli segni estremamente sottili e omogenei che danno un’impressione di leggerezza. Tali segni sono accostati fittamente l’uno all’altro, senza soluzione di continuità, in modo da rivestire la superficie del foglio per riflettere la luce, penetrare le trasparenze e accogliere le ombre in un mondo di nuove, accattivanti figure che sembrano plasmate in un’eterea ma al contempo concreta materia, dotata di inusitata intensità espressiva che non solo modifica, ma addirittura rivoluziona la sostanza del disegno che la costituisce, proprio per le particolari caratteristiche pittoriche che essa assume.
In realtà la penna è uno
strumento grafico di cui gli artisti di ogni epoca si sono avvalsi, basti
pensare a Pisanello,nato a Pisa nel 1395 e morto dopo il 1450 e al Parri
Spinelli (1387 – 1453). Ma poiché esso è uno strumento duro, non ammette
cancellature e lascia evidenti tracce uniformi, il suo impiego è rimasto
confinato finora per lo più alla realizzazione di immagini tratteggiate.
In ogni caso, il suo uso richiede una grande capacità progettuale e un’estrema precisione nell’eseguire l’opera.
Ed è perciò che la
“pittura a biro” è considerata una tecnica molto impegnativa e di altissimo
livello, in quanto ogni volta l’artista deve saper riprodurre, dopo averlo
visualizzato e analizzato mentalmente, il percorso modulato dei tratti contigui
– tracciati sul foglio senza commettere il minimo errore e per di più in
maniera non evidente, pena la perdita dell’opera – necessari per ottenere al
termine l’immagine finita dei dipinti.
L’impegno più arduo “sta
perciò nella capacità dell’artista di pensare tutto intero il quadro,
nell’ averlo in mente, per poterlo dipingere di seguito con calore e come di
getto”.
Borrello propone un diverso
modo di concepire l’opera del pittore e una duplice innovazione di metodologia
disegnativa, con l’introduzione nel nobile universo della pittura di un
felice, nuovo impiego di penne e inchiostri, frutto dell’odierna tecnologia
industriale e destinati finora esclusivamente alla scrittura o alla tracciatura
di disegni geometrici e “schizzi” dalle linee ben evidenti.
Giuseppe Borrello si pone
pertanto come anello di comunicazione tra una ben nota e antichissima forma
d’arte figurativa – il disegno – e l’affacciarsi di strumenti moderni
– le penne a sfera – e di nuovi metodi di lavoro (dipingere disegnando).
Milano, 11 aprile 1997
Rosaria
Barone